Gio Ponti: il design s’innamora del palcoscenico

Parole chiave: Architettura, Design, Effimero, Scenografia, Teatro

Abstract

La ricerca inserisce i lavori per il teatro realizzati da Gio Ponti negli Anni ‘40 in una visione più estesa della figura dell’architetto, qualificato per fare molte cose: dipingere, modellare, sceneggiare per il teatro ed il cinema, disegnare oggetti e produzioni. L’archivio inedito di bozzetti per scene e costumi, corrispondenza e note di regia mette in luce la trama unica che lega scenografia, architettura e design, verificando che tutto ciò che un uomo fa è sempre sullo stesso piano nella sua continuità espressiva. Il lavoro come scenografo diventa, inoltre, non il diversivo rilassante di un architetto colto, ma un tassello rilevante nella teoria architettonica e un metodo di controllo del progetto che rende Ponti prossimo agli architetti dell’Umanesimo.

Biografia autore

Silvia Cattiodoro, Università Iuav di Venezia

Architetto, PhD in Design Industriale, Espressione e Comunicazione Visiva all'Università degli Studi di Palermo, è specializzata in Scienze e Tecniche del Teatro e in Museografia. Nella sua ricerca si dedica principalmente ai rapporti tra progetto scenografico e progetto architettonico e all’influenza del concetto di effimero sull’evoluzione architettonica.
Ha partecipato a numerosi convegni internazionali e pubblicato vari scritti e saggi sull’argomento, tra cui i volumi Architettura scenica e teatro urbano (2007) e Il fondamento effimero dell’architettura (2012), 1913-2013 Pier Giacomo 100 volte Castiglioni (2013).

Pubblicato
2013-10-31
Sezione
Microstorie